Con azioni gioiose e creative

Le attività della Soka Gakkai per l’ambiente presso le Nazioni Unite

Intervista ad Alexandra Masako Goossens-Ishii, rappresentante dell’Ufficio della Sgi presso le Nazioni Unite e coordinatrice del Programma per l’ambiente e il cambiamento climatico

Le mostre e altri strumenti educativi, l’adesione a campagne come il riconoscimento del crimine di ecocidio e la partecipazione alle convenzioni Onu sulla biodiversità, la cooperazione interreligiosa sul cambiamento climatico. Sono queste le principali aree di intervento in campo ambientale nelle quali la Sgi sta portando il suo contributo come organizzazione non governativa presso l’Onu.
In questa intervista, a cura del del Gruppo studenti della Soka Gakkai italiana, Alexandra Masako Goossens-Ishii, esperta di Diritto internazionale, illustra sia i princìpi filosofici su cui si fonda l’impegno della Sgi per il clima sia le azioni concrete che sta portando avanti. Dando anche utili suggerimenti riguardo a possibili iniziative da intraprendere come singole persone e come società civile.

Su quali princìpi si basano le attività della Sgi per l’ambiente presso le Nazioni Unite?
L’approccio dell’Ufficio Sgi presso le Nazioni Unite rispetto al cambiamento climatico, l’ambiente e la biodiversità si fonda sulla filosofia buddista e gli insegnamenti di Daisaku Ikeda.
Stiamo costruendo il nostro lavoro intorno a princìpi come la non dualità di vita e ambiente (esho funi), che cerchiamo di condividere durante le riunioni, gli incontri e i dialoghi per trasmettere la visione dell’umanesimo buddista. Tale approccio risulta determinante poiché ci aiuta a tornare sempre alla visione fondamentale dell’essere umano.
Ad esempio, parlare di cambiamento climatico riferendosi ai “tre regni dell’esistenza” permette di considerare l’essere umano in rapporto con se stesso, con la comunità e con il suo ambiente. Cerchiamo sempre di parlare dell’interconnessione tra la vita e tutti i fenomeni, ed è bello riconoscere come altre tradizioni condividano questa visione olistica. Basarci sull’umanesimo buddista ci permette di costruire ponti di dialogo tra culture differenti.
Il nostro obiettivo è portare speranza ricordando che ogni essere vivente è prezioso e insostituibile, come nella metafora della rete di Indra in cui ogni gioiello, come ogni persona, ha il potere di influenzare tutto.
Un altro aspetto per noi fondamentale è guardare alle questioni ambientali dal punto di vista dell’empowerment sociale e individuale, riconoscendo in ogni persona il potenziale per dare vita a un cambiamento. In termini buddisti, si tratta del principio della rivoluzione umana.

L’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai sta promuovendo un’attività sul tema dell’ambiente che si chiama “Cambio io, cambia il mondo”, basata sul motto “Pensare globalmente, cambiare interiormente e agire localmente”. Il progetto mira al 2030 e sta promuovendo la mostra “L’eredità della vita”. Come si sta muovendo la Sgi su questi temi?
Il vostro motto è meraviglioso e rappresenta a pieno lo spirito con cui la Sgi sta affrontando i temi del cambiamento climatico, della biodiversità e dell’ambiente.
La Sgi si sta muovendo in tre direzioni. La prima riguarda le mostre e gli strumenti educativi non formali, che sono alla base del nostro approccio al disarmo nucleare, ai diritti umani, all’educazione, all’uguaglianza di genere, ma anche riguardo alla sostenibilità e al cambiamento climatico. L’iniziativa più recente si intitola “Semi di speranza e di cambiamento”, lanciata in occasione della Conferenza sul clima (Cop 26) tenutasi a Glasgow nel 2021.
La seconda è l’opera di advocacy presso le Nazioni Unite, che si articola attraverso dichiarazioni, adesione alle campagne, partecipazione ai gruppi di lavoro, interventi con le varie delegazioni. Un esempio su tutti è la campagna che in meno di due anni ha portato a una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che riconosce il “diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile”. È una svolta storica perché grazie al sostegno che migliaia di persone della società civile, popolazioni indigene, comunità locali e movimenti religiosi hanno dato alla campagna, ben 161 Paesi hanno votato a favore della risoluzione, senza alcun voto contrario.
Oltre a partecipare attivamente alle convenzioni Onu sulla biodiversità e alla campagna per il riconoscimento del crimine di ecocidio alla Corte Penale Internazionale, stiamo perseguendo la campagna per il Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili e quella per richiedere alla Corte Internazionale di Giustizia un’opinione sui diritti umani in relazione al cambiamento climatico, a dimostrazione di quanto questa crisi stia incidendo profondamente anche nella vita personale.
L’ultimo punto riguarda la cooperazione interreligiosa sul cambiamento climatico, che mira a creare un movimento condiviso per far sì che le voci delle confessioni religiose vengano ascoltate e producano effetti concreti. Quello del cambiamento climatico è un tema che ogni fede sta approfondendo per sviluppare una maggiore consapevolezza del ruolo che ha nel mondo.

Il vostro lavoro è legato all’Action for Climate Empowerment (Ace, Azione per l’empowerment climatico), un concetto ancora poco conosciuto. Puoi spiegarci di cosa si tratta, qual è il suo scopo e come funziona?
Action for Climate Empowerment (Ace) è un’espressione che si riferisce all’obiettivo di fornire a tutti i membri della società gli strumenti per potersi impegnare nell’azione per il clima. Si basa su sei princìpi, che ne costituiscono i pilastri: educazione, formazione, sensibilizzazione sociale, coinvolgimento dei cittadini, comune accesso alle informazioni e cooperazione internazionale.
Nel corso degli anni questi princìpi hanno trovato sempre maggiore applicazione. Tuttavia durante la Cop 26 del 2021 abbiamo dovuto constatare che la società civile è stata per lo più tenuta fuori dai negoziati. Inoltre i diritti umani che costituiscono i pilastri dell’Ace – ossia il diritto alla partecipazione pubblica, all’educazione climatica e all’accesso alle informazioni – pur essendo riconosciuti a livello internazionale, sono stati di fatto disattesi.
Così, in vista della Cop 27 di ottobre 2022, e insieme a tante altre organizzazioni, abbiamo lavorato intensamente per aumentare il coinvolgimento della società civile. Ciò ha portato a un risultato molto importante: durante la Cop 27 è stato negoziato e approvato un piano d’azione decennale in cui si afferma con forza il rispetto di quei diritti umani che permettono la realizzazione degli obiettivi dell’Ace.
Quello dei diritti umani è un tema scottante: gli attivisti vivono in condizioni molto difficili, in alcuni Paesi rischiano costantemente di essere messi a tacere, incarcerati o addirittura uccisi. E tra gli attivisti per i diritti umani, quelli che si occupano di ambiente sono i più a rischio.
Da ciò si comprende quanto sia cruciale il risultato ottenuto alla Cop 27, perché solo con il rispetto del diritto alla partecipazione pubblica, all’educazione climatica e all’accesso alle informazioni è possibile portare avanti la lotta a tutela dell’ambiente.
Riguardo all’applicazione concreta dell’Ace, un esempio interessante è quello dell’Italia che, insieme al Messico, ha inserito per prima l’educazione climatica nel percorso educativo nelle scuole. Anche se ogni regione mantiene l’autonomia di integrare o meno la materia nei vari istituti, si tratta di un significativo effetto tangibile.

E qual è il ruolo della società civile?
È quello di far sì che i processi e i dibattiti siano sempre aperti e trasparenti. Il presidente Ikeda, in occasione della Lectio magistralis tenuta all’Università di Bologna nel 1994, ha affermato al proposito: «La formazione di un nuovo sistema globale imperniato sull’Onu dipende, in definitiva, da quanti “cittadini del mondo”, in grado di sostenerlo, possano crescere e svilupparsi. La Carta delle Nazioni Unite inizia con queste parole: “Noi, Popoli delle Nazioni Unite […]”. Ciò significa che i cittadini sono sempre il soggetto principale e la base della convivenza umana. Per questo motivo, grazie all’unione e alla spinta di tutti i “cittadini del mondo”, desideriamo che l’Onu diventi un vero “Parlamento dell’umanità”, un luogo dove la voce e i desideri delle persone possano essere ascoltati e realizzati» (Un nuovo umanesimo, Esperia, p. 51).
Il nostro compito è lavorare per creare reti e solidarietà e per far sì che non si perda mai di vista l’obiettivo fondamentale delle Nazioni Unite: essere al servizio di tutte le persone e dell’ambiente, e non degli interessi di pochi.

Il presidente Ikeda incoraggia costantemente la partecipazione dei giovani nei luoghi decisionali, in particolare in seno alle Nazioni Unite. Sembra che le nuove generazioni siano sempre più impegnate nelle questioni globali e cerchino di essere ascoltate. Fino a che punto vedi rappresentato nelle Nazioni Unite il segmento più giovane della popolazione?
Credo che l’impatto dei giovani presso l’Onu sia cresciuto enormemente grazie all’impegno dei giovani stessi, ma anche grazie alla solidarietà della generazione precedente che ha creato lo spazio per questa fioritura.
Ad esempio, alla Cop 27 è stato allestito il primo padiglione per giovani e bambini, sostenuto dalla presidenza e dal segretariato ma completamente organizzato dai giovani, ovvero dai rappresentanti delle Ong giovanili o dai giovani accreditati, che si sono occupati dell’intero programma, con sessioni di discussione di alto livello durante le quali si percepiva uno spirito vivace e pieno di energia.
Inoltre è sempre più frequente che i rappresentanti delle delegazioni nazionali siano giovani. Il Messico è stato di esempio: nella sessione riguardante l’Ace la negoziatrice principale è stata una giovane, e ciò ha permesso di  coinvolgere i coetanei in modo significativo.
In generale, per quanto riguarda l’ambiente e la biodiversità, esiste una rete di giovani straordinaria, chiamata Global Youth Biodiversity Network, che sta svolgendo un lavoro importante a livello nazionale e regionale, riuscendo a portare le voci delle comunità giovanili locali con progetti concreti e di valore.
Un altro esempio riguarda il Comitato per i diritti dei bambini (Committee on the Rights of the Child, Ohchr) che – come gli altri comitati e organi che si occupano di diritti umani – risiede presso la sede delle Nazioni Unite a Ginevra, dove si trova anche l’ufficio della Sgi.
Attualmente il Comitato per i diritti dei bambini sta preparando un documento quadro generale il cui ultimo punto riguarda l’ambiente e il cambiamento climatico: a tale scopo è stato istituito un organo consultivo composto da bambini e bambine affinché il documento possa tener conto della loro visione del mondo.
Credo che sia in atto un processo di cambiamento, sebbene in molte situazioni sia ancora molto difficile avere un reale coinvolgimento delle persone giovani. In ciò il dialogo intergenerazionale ha un ruolo fondamentale: è una responsabilità della generazione adulta far sì che lo spazio dei giovani possa diventare davvero significativo e di impatto. 

Riguardo al cambiamento climatico quali azioni possiamo intraprendere come singoli individui e come comunità?
Grazie per questa domanda. Molte sono le cose che possiamo fare, e per iniziare propongo di prendere spunto dalle dieci azioni per il clima suggerite dalle Nazioni Unite (vedi box).
Vorrei riportarvi un esempio virtuoso. Ho sentito parlare di uno studente che un giorno si è chiesto: «Cosa possiamo fare per il cambiamento climatico nella nostra scuola?». Insieme alla direzione scolastica hanno deciso di fare un giardino in permacultura e di creare compost per ridurre gli sprechi alimentari nella scuola. Inizialmente non c’è stata molta adesione al progetto, ma poi alcuni studenti si sono uniti e sono riusciti a trasformare una parte del terreno della scuola in un giardino. Nel primo anno grazie al compostaggio hanno ridotto i rifiuti alimentari dell’intera scuola da 140 a 70 tonnellate, riuscendo quindi a dimezzarli. L’anno successivo, parlando con i professori e con la cucina, hanno deciso di cambiare la provenienza del cibo scegliendo un approvvigionamento locale, con diete vicine alle esigenze degli studenti. In questo modo hanno ulteriormente ridotto i rifiuti da 70 tonnellate a 40. E tutto è iniziato da due o tre persone!
Credo che il punto cruciale sia individuare, a partire dalla situazione in cui siamo, azioni con cui possiamo creare valore, azioni che ci diano gioia e non basate sul senso del dovere. Porci grandi domande come: «Cosa dovrei fare per cambiare il mondo che sta peggiorando sempre di più?» può avere l’effetto di farci sentire impotenti e di scoraggiarci. Invece, proprio nel posto in cui siamo e nelle circostanze che stiamo vivendo, possiamo dare vita ad azioni ispirate da un senso di gioia e di creatività, dal desiderio di creare qualcosa di nuovo e di contribuire alla comunità locale. Possiamo avviare iniziative che coinvolgano gli altri, creando anche nuove amicizie e sostenendoci a vicenda.


10 AZIONI PER IL CLIMA PROPOSTE DALL’ONU

Risparmia energia in casa abbassando gli impianti di riscaldamento e raffreddamento, passando a dispositivi elettrici efficienti sotto il profilo energetico, lavando la biancheria con l’acqua fredda o asciugando i panni all’aria.

Cammina, pedala o usa i trasporti pubblici riducendo le emissioni di gas serra e aiutando la tua salute. Per le distanze più lunghe, valuta di prendere un treno, un autobus o usa il carsharing.

Mangia più verdura, frutta, grani interi, legumi e meno carne e latticini. La produzione di alimenti di origine vegetale genera meno gas serra, richiede meno energia, terra e acqua.

Pensa a come viaggiare. Gli aerei bruciano grandi quantità di combustibili fossili, producendo considerevoli emissioni di gas serra. Volare meno è uno dei modi più rapidi per ridurre il tuo impatto ambientale. Partecipa a riunioni virtuali, prendi il treno.

Butta meno cibo. Quando butti il cibo stai sprecando anche le risorse e l’energia utilizzati per coltivarlo, produrlo, confezionarlo e trasportarlo. E il suo smaltimento in una discarica produce metano, un potente gas serra. Perciò usa ciò che compri e composta gli eventuali avanzi.

Riduci, riusa, ripara e ricicla. I dispositivi elettronici, gli abiti e altri articoli che compriamo provocano emissioni di carbonio in ogni fase della produzione. Acquista meno, compra di seconda mano, ripara ciò che puoi e ricicla.

Cambia la fonte di energia di casa tua. Chiedi alla tua società di fornitura se l’energia proviene dal petrolio, dal carbone o dal gas. Verifica se puoi passare a fonti rinnovabili come l’energia eolica o solare, o installare pannelli solari sul tetto.

Passa a un veicolo elettrico. Se hai in programma di comprare un’auto, considera l’ipotesi di acquistare un veicolo elettrico, che produce meno emissioni di gas serra rispetto ai veicoli alimentati con altri carburanti.

Scegli prodotti rispettosi dell’ambiente. Acquista alimenti locali e di stagione. Scegli prodotti di imprese che utilizzano le risorse in maniera responsabile e si impegnano a ridurre le loro emissioni di gas e i loro rifiuti.

Fai sentire la tua voce. È uno dei modi più efficaci per fare la differenza. Parla con i tuoi vicini, colleghi, amici e familiari. Fai sapere agli imprenditori che sostieni i cambiamenti audaci. Esorta i leader locali e mondiali ad agire adesso.

[fonte: https://buddismoesocieta.org/article/con-azioni-gioiose-e-creative/]